ALLERGIE DA NERD

26 Ott 2015

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ALLERGIE DA NERD : LA NUOVA TENDENZA DEL REMAKE SFRENATO HA DAVVERO UN SENSO? SCOPRIAMOLO ASSIEME!

[/vc_column_text][vc_separator color=”custom” border_width=”4″ accent_color=”#dd3333″][vc_column_text]Quando da bambino andavo al cinema lo facevo con ansia e trepidazione, sperando di trovare un nuovo eroe da venerare, una storia che mi facesse sognare anche dopo la proiezione: sedersi davanti a quello schermo gigantesco era come aprire un libro e calarsi in un’avventura fantastica, eroica ma soprattutto NUOVA.

Passano gli anni e andare al cinema non ha più quel sapore. Sarà che sono passati parecchi film sugli schermi (dire che si invecchia non è poetico, suvvia), però quella smania di sedersi in sala è passata. Ho provato a capire cosa sia cambiato, da appassionato di cinema non aver più quella frenesia da sala è strano, ma alla fine ho capito dove si trova l’inghippo: sono malato. All’inizio mi son spaventato, il sintomo era grave, una tremenda regressione temporale: andavo al cinema e mi sembrava di tornare indietro nel tempo. No, non guido una Delorean, semplicemente entravo in una sala a vedere un film e la mia mente non leggeva titoli sconosciuti, ma vecchi di parecchi anni. Ma ora è finita, ho avuto la forza di accettare la mia malattia, basta con la negazione, e oggi, dopo attenti esami e consulti con altri malati come, ho scoperto cosa sta rovinando la mia passione: sono allergico ai reboot!

Non quelli dei computer (oddio, anche quelli non mi fanno impazzire), mi riferisco alla nuova moda di prendere un vecchio mito del cinema e riproporlo in una veste diversa, solitamente imbottendolo di effetti speciali e poco altro, ridendo in faccia agli appassionati che come allocchi sono corsi ancora una volta in sala.

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La parola NOVITA’ pare essere bandita dalle pagine degli sceneggiatori, ormai sembra di vivere nuovamente nel  periodo 1985-1990; a volte dopo aver guardato il trailer del prossimo filmone in uscita mi prende una voglia incontenibile di andare a giocare col mio nuovissimo GameBoy, o di veder un nuovo episodio di Magnum PI bevendomi un Billy.

Pensate solo agli ultimi mesi, i titoli di maggior successo sono stati un Jurassik Park e un Terminator. Ora nulla da dire, io adoro dinosauri dediti al massacro e robot assassini come ogni nerd che si rispetti, ma possibile che per attirare la gente in sala bisogna andare in videoteca per trovare delle idee?

Reboot. Sempre e solo reboot. Ogni giorno sui siti vengono scritte news ed approfondimenti entusiasti su un nuovo reboot; è preoccupante che un’industria, quella cinematografica, che ha costruito la sua fortuna sull’offrire avventure nuove e appassionanti sia ridotta al punto di dover fare soldi riproponendo storie già viste solo perchè hanno una schiera di fan bella nutrita, che si traduce per le major in incassi facili.

Negli ultimi anni ho visto massacrare dei film cult da queste operazioni di reboot e sequel tardivi.

Il più delle volte passano sugli schermi nomi per noi appassionati cari come quelli di uno zio, ma che improvvisamente non hanno solo un nuovo volto, ma una nuova personalità, spesso diametralmente opposta all’originale; questa continua e offensiva “operazione nostalgia” sta privando il cinema della sua bellezza, è come quegli anziani che ormai privi di futuro parlano  solo del passato, crogiolandosi nei ricordi senza dare valore a cosa li attende domani.

Non ci credete? Va bene, ve la siete cercata, ora vi faccio alcuni esempi!

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Star Trek è un po’ un simbolo dell’esser nerd, al pari di Star Wars. Ormai sapete quando io abbia odiato il reboot della saga cinematografica ad opera del malefico Abrams (e se non lo sapete, passate da qui), una sorta di scopiazzatura delle trame dei vecchi film rivisti sotto effetti speciali e lens flare, tanto di quel lens flare da farmi perdere le ultime diottrie rimaste: era proprio necessario farlo?

Un universo (letteralmente!) vasto come quello di Star Trek offre la possibilità di raccontare centinaia di storie, senza rimanere legati a una determinata nave o un determinate equipaggio (come hanno insegnato Voyager e Deep Space Nine), spaziare in vari archi temporali, appassionando sia i vecchi fan che attirando nuovi curiosi: perché non approfittarne? Perchè è più facile usare qualcosa che sicuramente attira gente al cinema, cavalcare questa onda di restiling che permea tutto, come se il vecchio fosse sinonimo di garanzia, e l’ignoto e l’azzardo siano nemici da evitare. Una saga cinematografica che ha come motto “dove nessun uomo è mai giunto prima” ora vive di reboot, fatti male e in cui i personaggi classici sono stati violentati e privati delle caratteristiche che li avevano fatti amare; non è reboot, è violenza, la scusa di volerli presentare alle nuove generazioni per farli apprezzare è una menzogna, perchè altrimenti si sarebbe riproiettato il film originale, lasciando che i ragazzini di oggi possano decidere da soli se il Kirk di Shatner è meglio di quello di Pine.

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Non ha certo una sorte migliore il brand di Ghostbuster, che dopo aver per anni tanto di sopravvivere alla minaccia di fare un terzo capitolo ha dovuto arrendersi anch’esso alla condanna di un resettone.

Stavolta hanno proprio deciso di fare le cose in grande stile, che parlando di reboot significa fare una sicura porcata; per fare i politicamente corretti hanno deciso di avere quattro protagoniste a intrappolare fantasmi, e un centralinista uomo (Chris THOR Hemsworth). Non è maschilismo, ma è una difesa del film originale: alcune delle battute più belle dei primi film e gran parte della storia si basa sul fatto che fossero quattro uomini ad indossare gli zaini  protonici (come per i test paranormali all’inizio del primo film), quindi perchè dover andare a modificare un equilibrio rodato solo per fare i politicamente corretti? Tralasciamo il trattamento riservato alla povera Ecto-1, la macchina simbolo dell’intera saga, tanto da esser fedelmente riprodotta anche nella serie animata: nel nuovo Ghostbuster avrebbe potuto esser tranquillamente riusata, invece si è optato per creare una nuova Ecto-1 talmente orrenda da sembrare il modello precedente di quella originale.

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Se non siete ancora convinti, guardatevi il Total Recall del 1990 con il suo remake del 2012.  Mentre il primo vede un conflitto latente tra la Terra e i coloni marziani, nella versione 2.0 siamo di fronte a una sorta di rivolta sindacale contro un tiranno; certo, in entrambe le pellicole tutto ruota intorno alla memoria ritrovata da Doug Quaid e al suo ruolo da agente segreto, viene sempre rivelato tramite una visita alla Rekall, una ditta specializzata nell’impiantare falsi ricordi. Ma le somiglianze terminano qui; il Quaid del 2012 non ha incubi dovuti alla sua memoria sepolta, non deve affrontare un viaggio interstellare, tra complotti e mutanti, ma soprattutto non deve decidere le sorti di un pianeta, togliendo così alla pellicola una grossa parte del fascino che aveva fatto apprezzare l’originale. Nulla da dire, è un bel film d’azione, spettacolare e con un buon ritmo, ma fa ugualmente rimpiangere il film di Verhoeven.

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Se poi volete farvi del male, guardatevi prima Terminator e Terminator 2, poi Terminator Salvation e Terminator Genesys. Siamo di fronte al monumento dell’assurdo! Nei primi due Terminator scopriamo che nel futuro le macchine domineranno il mondo, ma un manipolo di eroici umani, guidati da John Connor, cercheranno di eliminarle; nel momento della vittoria umana, l’IA che controlla le macchine, Skynet, tenta una mossa disperata, inviando indietro nel tempo un droide da battaglia, modello Terminator T-800, per uccidere la madre di John Connor, Sarah. Scoperto questo piano, John invia all’inseguimento un suo tenete, Kyle Reese, affinchè salvi la madre e fermi il robot; nel compiere la sua missione, Kyle si innamora di Sarah e dal loro amore (e da una notte di passione) viene concepito John stesso. Terminator rappresenta la quintessenza dei film con viaggi nel tempo, diventando uno dei film di fantascienza più apprezzati di sempre.

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Poi inizia l’operazione reboot. Primo tentativo: Salvation, una pellicola con un John già cresciuto ma non ancora leader della resistenza, impegnato a cercare di salvare un poco più che adolescenziale Kyle Reese braccato dalla macchine, intenzionate a ucciderlo prima che John lo invi nel passato a salvare…..ehi, un momento! Ma come diamine fanno le macchine a sapere quello che faranno John e Kyle prima ancora che lo sappiano loro stessi?? Skynet è un veggente??? E nel caso, ammazzare John non sarebbe più facile? La falla nella trama è più estesa del Gran Canyon, siamo di fronte a una sceneggiatura reboot talmente campata in aria da far temere che il regista si sia fumato di tutto; il film di per se non è malvagio, ma proprio non si riesce a farlo rientrare nel canone di Terminator!

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Al tentativo di reboot numero 2, il regista Alan Taylor deve essersi ripromesso di non rifare gli stessi errori dei suoi predecessori, e, da uomo di parola, ci è riuscito. Come? Beh mi pare ovvio, cambiando tutto!! Il terminator inviato nel passato nella seconda pellicola della serie arriva con qualche anno di anticipo, inizia ad addestrare Sarah fin da ragazzina, e come Kyle Reese arriva a salvarla scopre che in relatà è più inutile di un frigo al polo nord; come prendere una bella storia, fare pezzettini e usarli come coriandoli, in pratica. In Terminator Genesys non c’è più l’angoscia della minaccia della macchine dei primi due titoli, gli attori giogioneggiano contenti sullo schermi, ridono e scherzano e il Terminator (non ci credo, lo sto per scrivere  davvero) si sforza di sorridere!!! Nel guardare quella pellicola ho solo ricavato un livido colossale sulla fronte a furia di palm face ad ogni sorriso forzato del Terminator (non fate MAI sorridere Schwarzenegger, è orrendo!), chiedendomi cosa avessi fatto male per averlo guardato. L’atmosfera e la profondità dei personaggi sono state azzerate, eliminate in tronco in favore di paradossi temporali ridicoli e una rivelazione finale che se non causa risate isteriche è perchè state già piangendo dalla tristezza!

Quindi non esistono reboot ben fatti?
Solo due, secondo me, sono degni di star accanto agli originali.

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James Bond è IL film di spionaggio, e vederlo maltrattato sarebbe stato un delitto. Per fortuna la nuova serie con Daniel Craig ha saputo reinventarsi con stile, dando un taglio netto col passato, senza voler aver nulla a che fare col passato; uno stile più realistico e moderno, un Bond meno macchietta comica e più serio, drammatico e profondamente segnato, hanno aiutato questa nuova incarnazione a reggere il confronto con mostri sacri come Moore e Connery. Anche se in Skyfall si è voluto giocare un po’ col passato (complice il 50° anniversario del primo film), non si è scivolati nella trappola della auto-citazione, ma si è preferito regalare solo qualche omaggio alla serie; è un reboot talmente ben ideato, che nemmeno ci si accorge fino alla fine della pellicola che siamo tornati al James Bond del primo film, un cerchio che si chiude lasciando però lo spiraglio per nuove missioni e nuove avventure.

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Anche George Miller non ha resistito al richiamo del reboot, e quest’anno ha riportato in sale il suo Mad Max, il guerriero della strada con la faccia da schiaffi di Mel Gibson e il passato tormentato. In questa nuova incarnazione le fattezze sono di Tom Hardy, che riesce a non scimmiottare Gibson e darci un nuovo Max, originale e innovativo; Miller concepisce una storia fresca e inedita, lasciando sempre l’ambientazione post-nucleare violenta e selvaggia che aveva magnificamente ideato all’origine della serie. Pur avendo nel cuore Mel Gibson,ho apprezzato l’operazione di Mad Max: Fury Road, uno dei pochissimi esempi di  come , se lasciati nelle mani giuste, anche i reboot possono avere un senso e una propria identità, senza dover insultare l’originale.

A questo punto qualcuno si starà aspettando che io insulti anche i reboot dei cinecomics, primo fra tutti quel povero Batman che ormai ha più facce di un camaleonte.

A sorpresa, vi dico che invece non li detesto, ma anzi sono forse l’unico caso in cui un nuovo inizio è comprensibile; se siete appassionati di fumetti, sapete come spesso Marvel e Dc presentino storie in cui i protagonisti riaffrontano le proprie origini, o vivono avventure in cicli chiusi, addirittura affrontando delle avventure in mondi ipotetici (come i famosi “What if…?). Sfruttando queste peculiarità del mondo delle nuvole, un regista può scegliere quale storia vuole seguire, con che finale e con che specifica anima del protagonista; l’ottimo lavoro della coppia Burton-Keaton ci aveva dato un Batman meraviglioso nel 1989 e nel seguito Batman Returns, così come Nolan e Bale hanno saputo creare un Bruce Wayne di gran spessore, con avversari poco conosciuti dal grande pubblico e storie talmente ben scritte da poterci illudere siano reali.

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Il reboot è la scappatoia dei pigri e timorosi registi di oggi, che vogliono giocare sul sicuro, preferendo portare a casa un risultato garantito, complici anche noi spettatori; io per primo mi guardo tutte queste cine-copie, pronto a criticarle ma comunque in prima fila. Ma come, direte voi, li critichi eppure li guardi? Ebbene si, ci casco anche io, dannazione! Ogni volta mi riprometto di non farmi fregare, eppure quel bambino desideroso di avventure di celluloide alla fine vince sull’adulto deluso, riesce a farsi portare in sala e a guardare, spesso divertendosi, la nuova cine-truffa.

A farmi rabbia sono film come Distric 9 e Humandroid, o Automata (con un grande Banderas, ma senza biscotti e gallina al seguito), in grado di presentare una fantascienza nuova e con una propria etica, che vengono bisfrattati perchè non se li fila nessuno, visto che non proprongono nulla di vecchio!!!! Anche The edge of tomorrow  fatica a farsi notare, e ci riesce solo per la presenza di Tom Cruise (che alla fine ha ceduto al Lato Oscuro del Reboot e tornerà nel seguito di Top Gun!), nonostante sia un bellissimo action movie fantascientifico; ormai anche gli spettatori si sentono più sicuri andando a vedere qualcosa di familiare.

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Anche volendo garantire allo spettatore un ritorno ad un ambientazione a lui familiare, ci sono altri modi per non dovere ricorrere a un nuovo inzio; prendendo un film con una storia bene scritta si può dare un seguito o una nuova avventura ricorrendo ad uno spin-off, usando nuove personaggio che si muova in una cornice gia nota e che ha riscosso successo. Ultimamente si parla di dare un seguito a Blade Runner, ma anziché fare un seguito, perchè ad esempio non creare uno spin-off in cui si raccontano le avventure del detective Graff? L’utilizzo di uno spin-off serve a dare anche una maggiore profondità al film da cui trae origine, ci aiuta ad entrare maggiormente in sintonia con l’ambientazione, può essere usato per chiarire alcuni tratti lasciati in sospeso per esigenze di narrazione nella pellicola primaria. Invece niente da fare, lo spin-off viene relegato al ruolo di gilio di un dio minore e usato prettamente nell’ambito delle serie TV, lasciando che il cinema sia il regno incontrastato del reboot selvaggio.

Non sarà che ormai siamo finiti in un circolo vizioso in cui le major propongono sempre le storie perchè il pubblico, rassegnato, va a vedere sempre quelle? Inizio a pensare che la colpa sia più di noi spettatori, perchè siamo noi gli appassionati, siamo noi che dobbiamo fare capire che vogliamo nuovi eroi e nuove storie, che le vecchie glorie ci piacciono ancora, ma ci va benissimo vederle a casa in bluray. Quindi al prossimo reboot dite “no, grazie”, facciamolo per difendere i nostri ricordi di cellulosa ma soprattutto per tutelare il nostro diritto ad avere delle vere prime visioni, per poter tornare al cinema con la curiosità di scoprire cosa accadrà sullo schermo bianco in sale….però, se proprio non resistiamo, magari possiamo darla una sbirciatina a qualche reboot, anche solo per criticare, che dite?

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