MODENA PLAY 2016

11 Apr 2016

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Modena Play 2016 è finita. E’ questa l’amara verità per tanti di noi, amanti dei giochi da tavolo.

Il dover aspettare un nuovo anno, per assaporare il clima e le sensazioni di questa fantastica fiera di settore, porta a casa un po’ di nostalgia, magari, assieme a qualche bell’acquisto.

Quest’anno è, per la precisione il 2 e 3 aprile, più di 33.000 persone, hanno varcato la soglia del comprensorio fiere di Modena, viaggiando per i meandri dei padiglioni allestiti. Sono convinto che tanti di questi visitatori, io in primis, sarebbero disposti a pagare una bella cifra per poter tornare allo scorso fine settimana, ma purtroppo, nessuno che io conosca ha la bacchetta magica per rivisitare il passato.

Credo, tuttavia, di aver trovato un modo per far sì che Modena Play sia più vivida che mai in questo articolo. Ho deciso, infatti, di lasciar la parola al “me stesso del sabato sera”, quando le sensazioni erano ancora calde e il primo giorno di Play si era già concluso egregiamente.

Dopo una giornata abbastanza intensa, fatta di tanto movimento con i piedi, ma anche e soprattutto sulle plance, sono qui al computer a scrivere le mie impressioni su questa prima giornata di fiera.

Confesso che al momento in cui scrivo, sono molto stanco. Ok… andare al Modena Play non è come scavare in miniera, ma il fatto di essere saltato da uno stand all’altro e da un tavolo a quello vicino per provare i vari titoli (senza bere né mangiare per tutto il giorno), porta via una discreta quantità di energia. Ciò nonostante, ho deciso di rimandare per un attimo il riposo, perché credo fermamente che le impressioni a caldo, siano più nitide e veritiere di quelle che potrei scrivere in un secondo momento.

La prima sensazione che si prova, varcando la soglia della più grande fiera di giochi da tavolo d’Italia, è una sola: DISORIENTAMENTO.

Premetto che questa è la mia prima esperienza alla Play, ma, senza ombra di dubbio, la sensazione del “e ora che faccio?” di fronte a tutte queste altisonanti case editrici riunite tutte assieme, è lampante. Ricordo che per i primi dieci minuti circa, non vedevo nemmeno i titoli scritti sulle scatole dei giochi, ma solamente quelle grandi costruzioni (Asterion in Primis) che mi attiravano come una zanzara con la lampada elettrica.

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Passato questo primo step di confusione, si giunge alla REALIZZAZIONE. “Ok… sono a Modena, sono alla Play, mettiamoci all’opera”.

Tolgo un attimo la parola al mio “me del passato” per fare una necessaria digressione. Modena Play non è solo il titolo di questo evento, ma anche un caldo e saggio consiglio.. PLAY! Gioca! Divertiti! All’inizio non ci avevo pensato, ma in realtà è proprio così. Nell’evento modenese, non troverete grandi affari o sconti. Al massimo, se vivete in zone come la mia, dove la cultura del gioco è moribonda, potreste comprare qualche titolo che è nella vostra lista dei desideri, evitando i costi di spedizione, ma niente di più. Modena Play non nasce quindi per acquistare, ma è la fiera del gioco nella sua declinazione più attiva, ovvero quella del giocare.

Questa caratteristica della Play, va a pari passo, con un altro elemento fondamentale del gioco da tavolo: la socialità.

I GDT (non a caso chiamati anche giochi di società) pretendono, anzi, esigono la consapevolezza di un mondo che non è fatto di singoli individui, ma di un meccanismo sociale, dove un sorriso e una risata in compagnia, valgono molto più di ogni punto vittoria tu possa fare.

E’ per questo motivo che il gioco da tavolo moderno è diventata la mia passione. Il mondo dei boardgame, nasce nel cuore dei giocatori, evolve nelle loro azioni e quando finisce, rilascia nella mente sensazioni uniche, simili a tenui profumi, così dolci da alleggerire il cuore, ma al contempo intensi, per far sì che il ricordo, non si sfaldi mai. Modena play, sotto questo aspetto, è come entrare in profumeria. Sai che dovrai uscire, ma sei anche sicuro che un po’ di quel profumo rimarrà sui tuoi vestiti.

Proprio perché senza la condivisione, il gioco è polvere, colgo l’occasione per ringraziare le fantastiche persone che ho conosciuto in questa fiera. Soprattutto Claudio, con la sua genuina disponibilità e il bellissimo gruppo di Kuldran (cui fanno parte Leonardo ed Alessio). Senza di loro, questa play sarebbe stata molto meno colorita, perché sono le persone a fare di questo mondo, un piccolo paradiso in terra. Senza gli sguardi, i sorrisi, le imprecazioni per un tiro andato male o i salti per la vittoria insperata, avremmo in mano solo scatole di cartone con inutili pezzi di legno.

Ma ritorniamo a Sabato…

Terminato il disorientamento, per prima cosa ho provveduto ad un veloce giro panoramico dei due principali padiglioni (A e B) di cui qui sotto potete vedere alcune foto.

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Subito mi sono accorto che sarei potuto tranquillamente andare ad occhi chiusi, dato che avevo memorizzato già da giorni e senza volerlo, la planimetria dei locali.

Ero partito da casa avendo letto tantissime recensioni sulla manifestazione: molti dicevano che Modena Play era diventata una ressa in questi ultimi anni. Che provare i giochi, soprattutto i più attesi, era pressoché impossibile e che molte volte il programma che ti eri prefissato sicuramente lo avresti visto sfumare. Niente di tutto questo. La giornata di oggi, Sabato 2 aprile, è stata molto tranquilla. Per carità, era pieno di gente, la foto della coda all’ingresso ne è una prova, ma tutto molto gestibile e con possibilità per chiunque di divertirsi. Ovviamente alcuni stand erano più presi di mira, altri un po’ meno, ma in fin dei conti ci sta e penso che la soluzione a questo leggero disagio sia solamente adattarsi.

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Faccio l’esempio di Quadropolis pubblicato da Asterion e atteso molto dal pubblico. Il padiglione Asterion era senza dubbio uno tra quelli più presi d’assalto, con molta ressa e confusione. Quello che ho fatto io è stato semplicemente non perdermi d’animo, tentando di inserirmi in qualche gruppo che stava per iniziare una partita. La prima volta è stato un fallimento e sono andato per altri lidi, la seconda lo stesso esito, la terza pure. Alla quarta, però, tre giocatori aspettavano un quarto uomo, mi sono seduto con loro e il gioco è iniziato. Per carità, forse per titoli molto attesi ci vuole un attimo anche di fortuna e pazienza (i ragazzi che hanno giocato con me hanno aspettato in fila 40 minuti) ma credo che prendere con filosofia questa situazione sia l’ideale: non c’è posto a Quadropolis? No problem! Faccio un salto nello stand più avanti che ho visto dei bei titoli. Non si è ancora liberato il tavolo per Orleans? Perfetto quello di Flick’ em up è libero proprio ora!

Credo che una mentalità del genere salvi da inutili indisposizioni ed eviti di perdere la giornata in code senza fine, calcolando che nell’intera fiera, erano a disposizione quasi 2000 tavoli.

L’unica coda che ho fatto, già che parliamo di code, è stata quella per l’outlet di Giochi uniti. Era infinita e sembrava dovesse durare un’eternità, ma in realtà sarò rimasto in fila poco più di 6 minuti.

Morale della favola? Per l’affluenza e l’importanza dell’evento, credo che in fin dei conti sia gestito abbastanza bene. So che molti di voi non saranno d’accordo con me (magari gli stessi poveri ragazzi che hanno aspettato 40 minuti per Quadropolis) ma io, nel mio piccolo, sono del tutto soddisfatto. Ero partito da casa con una grossa lista di giochi da provare e li ho provati tutti, aggiungendone persino altri che non avevo scritto. Ecco… per quanto riguarda proprio il provare i giochi, credo che un elemento da non sottovalutare e soprattutto da tenere in considerazione risieda nel visitatore stesso, ovvero il buon senso. Se sto giocando ad un gioco marginale, magari un prototipo di un autore emergente, potrò anche permettermi di fare una partita intera, ma se sto giocando ad un titolo a cui molti sono interessati, credo che usare il buon senso sia necessario. Mi viene in mente la nostra prova a Grand Austria Hotel, bellissimo titolo della coppia Luciani-Gigli. Abbiamo fatto solamente 20 minuti di partita sui 90 o oltre previsti dalla scatola, solamente per avere un’idea del gioco e per far sì che tutti gli altri potessero provarlo. Buon senso appunto.

Un altro aspetto che vorrei approfondire della fiera in questione è la parte “dimostratori”. Ovvero tutti quei misteriosi personaggi che spuntavano come funghi appena ti sedevi, per presentarti il gioco e spiegarti le meccaniche. Premetto una cosa. Io non so spiegare i giochi. Sono proprio una frana. Mi creo un discorso disconnesso, dimentico le regole importanti che poi dico durante la partita, continuo a rispondere alle incessanti domande dei giocatori perdendo il filo del discorso e altri errori madornali che non si dovrebbero mai fare. Tutto questo l’ho detto, per ribadire una cosa importante. Sono convinto che saper spiegare bene i giochi, sia un dono. Faccio l’esempio proprio con Grand Austria Hotel. Il dimostratore del gioco si chiamava Elia. E vi confesso che ascoltarlo spiegare il gioco, non è stato solo facile, ma anche un piacere. Ci ha spiegato il tutto in poco più di dieci minuti, seguendo un discorso lineare e senza distrazioni, bacchettandoci tutte le volte che facevamo una domanda, perché nella sua mente sapeva quando sarebbe stato il momento giusto per rispondere ai nostri quesiti. Insomma un vero e proprio esempio di come si dovrebbe spiegare. Lo stesso ci è capitato dalla Da Vinci Giochi, con Abowe and Below, dove un giovane ragazzo, nonché Dungeon master da 8 anni, ci ha spiegato egregiamente quello che credo sia il miglior gioco per originalità di Play 2016. Ma, purtroppo, non è tutto oro quello che luccica, e questo aspetto, è emerso platealmente allo stand Casa Europa.

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Casa Europa era la grande novità di Play 2016, lo stand delle case editrici estere. Giganti editoriali come Hans im gluck e Argentum Verlag, mostravano le loro recenti uscite avendo avuto cura persino di geolocalizzare il manuale in tedesco. Era senza dubbio lo stand che aspettavo con più fermento, poiché è noto a tutti la grande maestria di selezione di queste due fenomenali case editrici. Per farvi capire di cosa parlo, calcolate che la Hans Im Gluck riceve circa 400 proposte di giochi all’anno. Di queste, solo un centinaio giunge alla fase di playtesting e solamente un titolo, dei cento testati, viene pubblicato. Questo significa che dei 400 titoli iniziali, solo lo 0,25% viene pubblicato! Ma cosa mi è successo a Casa Europa? Semplice… un disastro. Ho provato, infatti, Hansa Teutonica, che in realtà avevo già provato, ma di cui non ricordavo pressoché nulla. Il dimostratore è stato l’esatto opposto dei due precedenti. La spiegazione disconnessa e le innumerevoli regole mancanti, ci ha fatto giocare ad un gioco che non era sicuramente il vero Hansa Teutonica, rovinando un titolo potenzialmente geniale. Queste cose, ad essere sinceri, mi fanno tremendamente arrabbiare e non posso che essere d’accordo con il mio simpatico amico Kuldran, che dopo questa brutta esperienza, alzandosi dal tavolo, ci disse “Io odio profondamente solo due cose: la stupidità e l’incompetenza”. Sia chiaro… non voglio criticare nessuno, ma penso che se uno non sappia ricoprire al meglio una mansione, debba lasciare il posto ad un’altra persone più abile. Questa mia opinione penso possa essere applicata in ogni settore della vita e, a maggior ragione, nei giochi da tavolo, dove anche un minimo errore nell’approccio ad un titolo, può rischiare di far allontanare un pontenziale acquirente. A casa Europa abbiamo provato anche Antarctica. Anche qui siamo rimasti molto delusi e sinceramente non saprei se la causa sia anche qui imputabile alla spiegazione, o al titolo in sé. Già che parlo di dimostratori, non posso non esimermi dal fare un saluto ai grandi youtuber di questo settore. Il loro lavoro è encomiabile perché si mettono in prima linea nel diffondere la bellissima arte del gioco e con i loro video, fanno piangere tanti portafogli (hihihi).

Alla play, infatti, ho incontrato il simpaticissimo Andrea Bianchin, in arte Hatedsoul, creatore della rubrica Sgananzium (qui il link) che con la sua tamarrissima sigla, ti carica ancor prima di vedere la recensione. Purtroppo, nel momento in cui sono riuscito a salutarlo, non avevo con me la macchina fotografica e non ho potuto immortalare il momento. Ma di un altro recensore e youtuber italiano, ho invece il ricordo digitale. Lui è Matteo Boca, in arte TeOoh, di recensioni minute (Qui il link) con cui ho avuto il piacere di recensire l’unico gioco che avevo provato in quel frangente, ovvero Boss Monster.

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Che dire… una play veramente piena, che mi ha lasciato delle sensazioni fantastiche.

I più pratici sono convinto storceranno il naso a questa mia recensione, non trovando alcun commento sui giochi provati. A dir la verità, questo mio articolo, era iniziato in maniera completamente diversa. Ero partito a capofitto sui titoli provati, per poi fermarmi di colpo di fronte ad una semplice domanda: ma cos’è stata per me la play 2016?

La risposta credo di averla ampiamente data tra le righe che avete appena letto. Per me Modena play non è stata l’analisi delle nuove uscite (che sono convinto avremmo modo di approfondire in un successivo articolo) ma del vivere insieme una passione.

E’ il trionfo del ragazzo che gioca con la madre. Del settantenne che spiega al fanciullo di dieci anni perché ha comprato un Heroquest usato e distrutto a 65 euro. E’ la rivincita dell’analogico sul digitale, della risata semplice e catartica sulla fredda riga di codici binari. In Modena Play, la pedina ha messo per due giorni il “silenzioso” sulla vita frenetica di tutti noi, ci ha fatto tornare fanciulli spensierati, consapevoli della nostra fragilità, ma felici di condividere qualcosa di bello e puro come il sorriso.

Come disse il premio nobel per la letteratura, Bernard Shaw:

“Non si smette di giocare perché si invecchia, ma si invecchia perché si smette di giocare.

Articolo scritto da Flames

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