LA MEMORIA RENDE LIBERI

27 Gen 2016

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LA SHOA: SECONDO MAUS

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Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, una ricorrenza che mira alle nostre coscienze, per ricordare a tutti noi dove la crudeltà dell’uomo può arrivare.

La storia ci insegna che il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche sfondano i cancelli di Auschwitz, il più celebre e temuto campo di concentramento della tirannia nazista; ancora oggi Auschiwtz è sinonimo di orrore, di paura ed evoca i fantasmi di tutte le migliaia di ebrei (i conteggi parlano di più di 100.000 morti) che giustamente tormentano le nostre coscienze.

E nemmeno il mondo dei comics è restato indifferente a tanta crudeltà, conscio che il fumetto non è solo intrattenimento ma anche educazione; il tema dell’antisemitismo ha fatto sentire la propria voce tramite due autori in particolare, Will Eisner e Art Spiegelman.

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LA SHOA È STATA UNA DELLA PAGINE PIÙ NERE DELLA STORIA MODERNA, E OGGI VIENE RICORDATA IN TUTTO IL MONDO


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Eisner ha realizzato due graphic novel (Fagin l’Ebreo e Il Complotto) che sono un atto d’accusa all’antisemitismo e al pregiudizio che ancora oggi permane latente nella società ; questi due lavori di Eisner sono però ambientati in un orizzonte temporale precedente alla Shoa, visto che Fagin l’Ebreo è la storia del ricettatore ebreo di Oliver Twist (personaggio negativo, figlio di una mentalità retrogrado tipica del periodo di Charles Dickens), mentre Il Complotto- la storia segreta dei Savi di Sion racconta l’antisemitismo visto come la difesa da un’immaginaria congiura di una elite ebrea mondiale, che aveva fatto proseliti nell’Inghilterra di inizio ‘900, ma che era in realtà una copertura organizzata dai servizi informativi segreti zaristi per poter legalizzare i pogrom antisemiti. Queste letture sono necessarie e raccomandate ogni giorno dell’anno, ma vista la ricorrenza odierna serve un’opera che rappresenti al meglio quanto va ricordato oggi.

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Ma se dobbiamo consigliare una lettura educativa in linea col tema di oggi, l’autore giusto è Art Spiegelman, che grazie al suo Maus ha portato l’Olocausto ad una dimensione umana e di facile apprendimento per tutti.

Già il sottotitolo di Maus ( A survivor’s Tale, la storia di un sopravvissuto) può dare una prima connotazione al lavoro di Spiegelman; la base su cui l’autore ha lavorato sono i racconti del padre, sopravvissuto agli orrori di Auschiwtz. Maus è diviso in due archi narrativi, il primo Mio padre sanguina storia è un racconto di come dallo scoppio del secondo conflitto mondiale la vita degli ebrei polacchi fosse peggiorata, una sorta di quiete prima della tempesta in previsione della vera tragedia, che diventa palese in E qui sono cominciati i mie guai, che ci porta direttamente all’interno del campo di concentramento.

Leggere Maus è un’esperienza che va assolutamente fatta, non solo in occasioni come quella odierna, ma come obbligo morale; l’impostazione autobiografica dell’opera (tutto viene raccontato da un giovane, Art, che vuole raccontare l’esperienza della Shoa narratagli dal padre Valdek) è coinvolgente e perfetta per l’obiettivo prefissato da Spiegelman, così come la scelta di usare il bianco e nero, colorazione adatta per dare una connotazione sia di ricordo che di cruda realtà a quanto raccontato nelle tavole.

La scelta orwelliana di Spiegelman di dare ai protagonisti fattezze di animali serve quasi a mitigare l’impatto emotivo del suo lavoro, quasi illude il lettore che nessun uomo sarebbe capace davvero di arrivare a tanto; gli ebrei diventano topi (in tedesco maus significa appunto topo), i nazisti hanno fattezze feline, per fare un esempio. Se molti hanno pensato che il fumetto fosse lo strumento meno adatto per raccontare un tema così “scomodo”, la lettura di Maus può facilmente confutare questa loro paura (un timore che ebbe lo stesso Spiegelman, che la svela all’inizio di E qui sono cominciati i miei guai).

Eppure la complessità del lavoro di Spiegelman ha una dignità che lo eleva ben oltre il semplice fumetto, lo rende uno dei migliori strumenti per spiegare l’Olocausto a chi non lo ha vissuto; le sue tavole sono evocative, cupe e disperate, le stesse espressioni dei personaggi sono incredibilmente vive e umane, in grado di spaziare in tutti i diversi stati della disperazione e della follia omicida.

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POCHE PAROLE E TANTA CREATIVITÀ SONO UN RISORSA PER L’UMANITÀ INTERA


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Maus però non è solo il ricordo della Shoa, è la conseguenza stessa della Shoa. Per anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale gli ebrei sopravvissuti e le successive generazioni hanno dovuto affrontare questo incubo, vivere e convivere con la paura che possa capitare ancora, dover fare i conti con una realtà che per quanto terribile e orrenda va ricordata. Spiegelman è l’emblema stesso di questa ferita aperta, colpita da una lentissima guarigione, tanto che lui stesso sostenne che Maus era l’espiazione del suo senso di colpa per aver avuto una vita migliore di suo padre, perchè nonostante i racconti del genitore solo chi ha vissuto Auschiwtz poteva capire Auschiwtz e l’incubo che è stato.

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Maus viene considerato un fumetto.

Maus usa lo strumento del fumetto ma non si limita a quello (come dimostro il Premio Speciale del Pulitzer vinto), è una testimonianza che andrebbe letta e conosciuta, da inserire nei programmi scolastici per aiutare le nuove generazioni a ricordare, ad evitare certi errori. Art Spiegelman non ha realizzato un fumetto fine a se stesso, il suo lavoro è un grido di disperazione, è quella voce che urla alla nostra coscienza, la scuote e vuole toccare la nostra anima, diventando una voce di speranza che quanto di peggio la razza umana ha sfoggiato nel passato rimanga dietro le nostre spalle, diventando un monito per un futuro migliore.

Non leggiamo Maus oggi perchè un telegiornale ci ricorda che è la Giornata della Memoria, non ricordiamo solo oggi Auschiwtz e le strutture simili; Maus deve essere presente sulle nostre librerie, pronto a passare nelle mani dei nostri figli per insegnare, ricordare e spiegare come parole come razzismo e antisemitismo non siano altro che l’incarnazione del peggio dell’umanità.

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